EditoriAle di Alessandra Savino
Ogni paese ha un centro nevralgico, un luogo che ne racchiude la memoria e l’identità: a Palo del Colle, quel cuore si chiama Piazza Santa Croce. Dopo mesi di attesa e dibattiti pubblici, sono partiti i lavori di riqualificazione che restituiranno alla piazza non solo un volto nuovo, ma anche una rinnovata funzione sociale e culturale.
Una piazza, in un piccolo centro abitato, non è solo uno spazio urbano. È un teatro quotidiano, come ci ricorda Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore, dove ogni volto è una storia, ogni panchina un confine tra presente e passato.
Le piazze accolgono la vita che scorre e quella che resiste, tra mercati del sabato, feste patronali, incontri casuali e manifestazioni pubbliche. Nel romanzo Cristo si è fermato a Eboli, Carlo Levi descrive la piazza come il luogo in cui la comunità si affaccia al mondo. È lì che si ascoltano le voci del paese, si trasmettono saperi e si consolida l’identità collettiva.
Anche La luna e i falò di Pavese mostra quanto sia cruciale la centralità del luogo pubblico in un paese che vuole ricordare e, allo stesso tempo, cambiare. Oggi, mentre assistiamo al rinnovamento di Piazza Santa Croce, è il momento giusto per chiederci che tipo di spazio vogliamo vivere. Una piazza può essere inclusiva o respingente, viva o abbandonata, ma non è mai neutra.
La nuova veste architettonica porterà con sé scelte estetiche e funzionali, ma il compito più importante spetterà ai cittadini: riempirla di senso, di relazioni, di cura. Perché una piazza rinasce davvero solo quando torna a essere attraversata da passi, parole, risate, silenzi.

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