Il questionario di Proust – 76

di Franco Taldone

Anna Franca Coviello è un’artista, grafica, designer, appassionata di fotografia. I suoi lavori poggiano sul fondamento di una scelta estetica come scelta critica. Non ammiccano. Non cercano il consenso facile attraverso modelli “en vogue”. Son pop, ma intransigenti col cattivo gusto. Il suo sguardo è netto e delicato. Le sue fotografie della città sono vere e distinte.

Ho chiesto a lei, per la sua sensibilità attenta all’essere della città e meno al sentimento soggettivo e arbitrario che, invece, spesso la abbruttisce, se la questione del decoro urbano costituisca una posta in gioco non secondaria. “Rimanda ad una veduta d’insieme, il decoro urbano.

Se non ci si prende cura del marginale, non c’è tutela di ciò che è collettivo, comunitario. Il decoro urbano non è separabile dalla funzionalità degli elementi urbanistici. Ad una mancanza funzionale risali proprio dal “decoro”. Penso, per esempio, al Parco Auricarro: lì, le panchine non hanno le spalliere; cosa che rende la seduta disagevole, soprattutto per persone meno “resistenti” come gli anziani.

Vedere gente che porta la propria sedia per accomodarsi nel parco è (sebbene ad un primo sguardo stimoli qualche sorriso) una stonatura estetica, di decoro, che rimanda ad una insufficiente attenzione alla funzionalità.

Oppure, penso al Centro Storico, dove, all’improvviso, ti ritrovi installazioni di anticorodal, presenze di statuine votive, lenzuoli anneriti dal tempo con scritte che celebrano un matrimonio. Interventi di gusto assai discutibile e, innanzitutto, che rendono illeggibile al viandante la differenza storica del Borgo.

Come se si potesse fare tutto quello che si vuole? “Penso al Monastero di San Domenico, nell’agro, ai suoi resti che, da parte di chi se ne prende per così dire cura, vengono sommersi da elementi votivi del tutto incoerenti con quelle tracce.

Oppure, a certe iniziative (diversamente da altre, secondo me, apprezzabili) dello stesso Comune, come “scritte” e altri, diciamo, “decori”, che, probabilmente, hanno solo la conseguenza di incoraggiare le spregiudicate iniziative private di cui dicevo prima.

Piccole cose, certo, ma significative, qualora vi si facesse attenzione, di cura dell’invisibile, in cui la bellezza oggi si nasconde. Probabilmente, occorrerebbe un assessorato alle piccole cose.” La frase “… certi affreschi potrebbero essere di Scuola Senese”, della conversazione con Dino Tarantino, va sostituita con “affreschi che potrebbero essere di Giovanni di Francia, un pittore della prima metà del ‘400”.

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