Spazi per la collettività e decoro urbano

di Franco Taldone

Per leggere una città, interpretarne la vita, occorre dotarsi di qualche riferimento fermo, con tutta la relatività che ogni riferimento può avere, considerata la mutevolezza delle cose umane. Una categoria critica che appare, al suo primo significato, evanescente, sfuggente, generica, ma che ha, invece, una connotazione rigorosa, è quella di “decoro urbano”.

Sfrondato dell’immediato, ovvio, significato riguardante tutto ciò che ha a che fare con l’abbellimento e l’esornativo, il “decoro urbano” misura, essenzialmente, la garanzia degli spazi per la collettività. Soltanto dopo, una volta garantiti quegli spazi, il “decoro urbano” potrà identificarsi con l’aspetto ornamentale della città. In questa accezione la categoria di “decoro urbano” è strettamente connessa con quella di “rigenerazione urbana”.

parco legalita quartiere cecilia

Non già “riqualificazione”, che inerisce per definizione agli immobili, compresi quelli destinati all’uso privato, ma, appunto, “rigenerazione”, ovvero: quell’insieme complesso di interventi con lo scopo di restituire nuova vita ad uno spazio pubblico, a beneficio della collettività con i suoi bisogni.

Quali bisogni? “Non di certo quelli degli anni ’50 del Novecento, quando le nostre città, comprese Modugno o Palo del Colle, furono espanse come mai prima, perché un’urbanizzazione inarrestabile richiedeva una cementificazione altrettanto massiccia ”, osserva Francesca Benedetto, avvocata urbanista e vicesindaco nell’amministrazione di Modugno guidata da Nicola Magrone.

“Già in quegli anni di metà Novecento, il legislatore tentò di arginare il fenomeno dell’edificazione turbolenta, perché avvertì che i boschi di cemento stavano riducendo irreversibilmente gli spazi per la collettività. Riuscì, però, a garantire soltanto spazi minimi di vivibilità collettiva. Spazi che, a maggior ragione oggi, sono del tutto insufficienti.

Cosi, dal Nord Europa, dalla Germania, abbiamo importato il concetto di “rigenerazione urbana” che, in Puglia ad esempio, ha prodotto, nel 2008, la “legge regionale di rigenerazione urbana”. La nostra amministrazione della città di Modugno non ha fatto altro che realizzarla il più possibile, quell’idea di “rigenerazione”. Intervenendo nei tre ambiti del centro storico, delle periferie, di ex aree industriali.

Ad esempio: abbiamo “rigenerato” il centro storico, allargando la pedonalizzazione; le periferie, pedonalizzando piazze, abbattendo un colossale abuso edilizio e realizzando il progetto di crearci un parco, “il parco della legalità” che, se un giorno prenderà vita, permetterà ai frequentatori di guardarsi inevitabilmente in faccia; recuperando a giardini pubblici parte dei giardini scolastici inusati; un’ex area industriale, trasformando con una decisione consiliare un’inquinante ex cementeria in parco pubblico.

Sono alcuni esempi di condizioni di spazio urbano liberato, necessarie per il decoro urbano”. Occorre tener fermo inoltre che uno spazio di decoro, uno spazio per la collettività è tale se è per tutti. “Certamente CItyLife, a Milano, non è un esempio di decoro urbano.

Chi vi può accedere? Solo chi può permetterselo. In Italia, a differenza che in Spagna per esempio, sono rari i casi di veri spazi urbani per la collettività. Chissà: sarà perché da noi, vedi l’inflluenza potente in certe commissioni parlamentari dell’A.N.C.E., l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, il destinatario privilegiato dell’edilizia è il costruttore privato”.

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